lunedì 2 agosto 2010

Soldati, eroi. Uomini. E 3 video.

Torno sull'argomento dei soldati morti in Afghanistan.  Li hanno chiamati eroi.

Non voglio mettere in discussione l'atto coraggioso, il singolo episodio, né le singole persone coinvolte.  
È che, gli eroi, questi eroi, tornano sempre morti.

Questo Paese invia soldati in guerra: appaiono professionisti competenti quando devono partire, spietati quando uccidono (compiendo il loro lavoro), eroi quando tornano morti, consacrati dalle commemorazioni di stato e dai pianti di madri e mogli.

Non sono niente, niente alto che silenzio, quando tornano vivi, protagonisti di nulla.

E poi considero che, se anche ora i soldati di cui parliamo sono vittime, nulla vieta che avremmo potuti vederli tra carnefici, o che lo siano stati, non lo so. Tra quei soldati, ipoteticamente, avrebbero potuto esserci  quelli di "Annichiliscilo Luca" o quelli degli scabrosi episodi avvenuti in Somalia.

Sto mettendo in discussione lo squilibrio della rappresentazione mediatica, le scelte del nostro Paese e quelle internazionali, i nostri modelli culturali.

Sto mettendo in discussione il fatto che quando uccidono si accetta che lo facciano per lavoro, perché la nostra società lo ha reso tale e che, se cadono, sono innalzati ad eroi.

Sto mettendo in discussione il fatto che ogni giorno si consumano nel silenzio tantissimi atti eroici di gente comune.

Ma non è neppure su questo che voglio soffermarmi.

Voglio soffermarmi sul fatto che prima della rappresentazione di ogni eroe e soldato, c'è un uomo.

L'uomo valuta, può conoscere e scegliere. Non più quando è soldato, non completamente, almeno. Un ordine è un ordine. Se il tuo Paese fa una scelta, il soldato compie il suo lavoro, non mette in discussione.

Un uomo che sceglie di divenire un soldato mette tutto nel conto. Uccidere, morire, svolgere una missione che in cui crede o che ritiene sbagliata: sceglie di obbedire, di delegare.

Ma quando penso a un soldato che sta per premere il grilletto penso ad un uomo e al senso che dà a quel gesto. Quando penso ad un soldato che sta per morire su una mina penso al senso che quell'uomo dà alla sua morte.

Ora, se penso ad un eroe, penso ad un soldato che si riprende il suo diritto di essere uomo, di valutare, di mettere in discussione, di riappropriarsi della responsabilità di ogni sua azione e di ogni sua parola.

Vi  lascio con 3 video:



I primi due sono tratti dal cinema e sono molto brevi, il terzo invece è reale.

Credo che questo piccolo collage possa portare ad un'interessante catena di pensieri: cosa si pretende dai soldati di un corpo militare addestrato, cosa significa essere uomini, essere giusti. E se un soldato pensa e giunge alle proprie conclusioni.

1.    Dal film "Ufficiale e gentiluomo"





2.    Dal film "Le crociate"


3.    Video del soldato americano che mette in discussione le ragioni della guerra


2 commenti:

Anonimo ha detto...

La morte dovrebbe sempre suscitare pietà, sia che a morire sia un singolo individuo, sia che a morire sia un intero popolo. Nel secondo caso, alla commozione dovrebbe accompagnarsi un sentimento di sdegno internazionale.
I militari sono innanzitutto uomini e, come tali, dotati di libero arbitrio, ma sono addestrati per obbedire, senza discutere.
Tra l'altro sono convinti di essere nel giusto, di fare una guerra necessaria.
Il problema quindi, a mio avviso, non è se un soldato in azione debba premere o meno il grilletto di fronte al nemico, ma se la guerra possa considerarsi etica.
Le guerre sono sempre immorali, anche quando si oppongono alla barbarie, perché diventano esse stesse nuova barbarie. Le guerre sono sempre sbagliate e alle persone pensanti spetta l'obbligo di trovare il modo di evitarle.
Antonio Magliulo

Anonimo ha detto...

Le bare dei soldati italiani che tornano dal Medio Oriente ci lasciano talvolta indifferenti, è capitato anche a me, tanto sono diventate frequenti queste morti. La tv ci rimanda le immagini di fatti che sembrano lontani anni luce dalle nostre vite, dalla nostra quotidianità, quasi come se fossero le scene di un film che si ripete ogni volta identico anche se cambiano i protagonisti. Le comparse, invece, sono sempre le stesse (vedi i politici ad esempio) e sono lì come sciacalli a rincorrere il loro momento di notorietà, profittando del dolore altrui. Questo spettacolo ormai trito è diventato nauseabondo per tutti coloro che non comprendono le ragioni di colui che sceglie una divisa, che si piega ai comandi della guerra.

Devo riconoscere il coraggio di questi uomini, ma la loro mi sembra purtroppo una battaglia persa in partenza.

Anto