Torno sull'argomento dei soldati morti in Afghanistan. Li hanno chiamati eroi.
Non voglio mettere in discussione l'atto coraggioso, il singolo episodio, né le singole persone coinvolte.
È che, gli eroi, questi eroi, tornano sempre morti.
Questo Paese invia soldati in guerra: appaiono professionisti competenti quando devono partire, spietati quando uccidono (compiendo il loro lavoro), eroi quando tornano morti, consacrati dalle commemorazioni di stato e dai pianti di madri e mogli.
Non sono niente, niente alto che silenzio, quando tornano vivi, protagonisti di nulla.
E poi considero che, se anche ora i soldati di cui parliamo sono vittime, nulla vieta che avremmo potuti vederli tra carnefici, o che lo siano stati, non lo so. Tra quei soldati, ipoteticamente, avrebbero potuto esserci quelli di "Annichiliscilo Luca" o quelli degli scabrosi episodi avvenuti in Somalia.
Sto mettendo in discussione lo squilibrio della rappresentazione mediatica, le scelte del nostro Paese e quelle internazionali, i nostri modelli culturali.
Sto mettendo in discussione il fatto che quando uccidono si accetta che lo facciano per lavoro, perché la nostra società lo ha reso tale e che, se cadono, sono innalzati ad eroi.
Sto mettendo in discussione il fatto che ogni giorno si consumano nel silenzio tantissimi atti eroici di gente comune.
Ma non è neppure su questo che voglio soffermarmi.
Voglio soffermarmi sul fatto che prima della rappresentazione di ogni eroe e soldato, c'è un uomo.
L'uomo valuta, può conoscere e scegliere. Non più quando è soldato, non completamente, almeno. Un ordine è un ordine. Se il tuo Paese fa una scelta, il soldato compie il suo lavoro, non mette in discussione.
Un uomo che sceglie di divenire un soldato mette tutto nel conto. Uccidere, morire, svolgere una missione che in cui crede o che ritiene sbagliata: sceglie di obbedire, di delegare.
Ma quando penso a un soldato che sta per premere il grilletto penso ad un uomo e al senso che dà a quel gesto. Quando penso ad un soldato che sta per morire su una mina penso al senso che quell'uomo dà alla sua morte.
Ora, se penso ad un eroe, penso ad un soldato che si riprende il suo diritto di essere uomo, di valutare, di mettere in discussione, di riappropriarsi della responsabilità di ogni sua azione e di ogni sua parola.
Vi lascio con 3 video: